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mercoledì 29 aprile 2009

Taca la baleta - Maggio -

Mazzotti e una domanda

Il manager del Rimini e della nazionale iberica - foto tratta da baseballrimini.net



Se ne parla sempre, l'uomo forse più citato del baseball italiano sul web: c'è chi lo ammira e c'è chi lo critica.

Io qui non voglio tessere le lodi del manager dei Pirati di Rimini e della nazionale spagnola. Mi dichiaro ignorante a proposito del suo palmares, ciò che so di lui lo so solamente per averlo letto nei bellissimi libri di Pagnoni sulla storia del Milano.

Mi dichiaro tanto ignorante che confesso d'averlo riconosciuto come "il Mazzotti, quello famoso" solo dopo un anno che lo incontravo in giro per meeting legati al baseball. Non avevo collegato la faccia vista in foto con la figura che più volte ho salutato. Mea culpa. Ma questa cosa, alla fine, ci porta con più sincerità al cuore di ciò che in questo post volevo far notare.

Una sorpresa, una vera sorpresa: Mazzotti era presente due settimane fa alla partita dell'Ares contro il Lodi. E qui scatta una domanda più che sincera: come fa un professionista che vive di baseball (quindi con impegni ben più pesanti dei due allenamenti e la partita nel week-end) a trovare il tempo di godersi una partita oltretutto stratosfericamente inferiore rispetto al baseball con la quale è solito trattare?

La risposta a questa domanda non ci interessa, non siamo mica strizzacervelli e poi sono anche cavoli suoi. Ma la sua presenza al Saini apre una questione ben più precisa e profonda riassumibile in una domanda ben concreta: se un professionista "oberato" di baseball trova il tempo per fare numero sugli spalti di uno sperduto campo di periferia (anche se della sua città), perchè tutti i vecchi giocatori meneghini, le loro famiglie, i vecchi appassionati non fanno altrettanto?

Ricordo, non è un'accusa. Non servirebbe. Chiunque di noi ha tanti impegni e ha diritto di spendere il proprio tempo come vuole senza che nessun blogger si erga giudice delle abitudini altrui. Io stesso alle volte non ce la faccio proprio a presenziare con regolarità,

Però Mazzotti seduto sugli spalti del Saini fa pensare. Questo, che piaccia o no, è innegabile.




Contro l'afa...bere molto


Original foto © Leonid Mamchenkov


Tutto contro: pronostico, meteorologia, distanza.
Eppure, eppure i Milanesi Riuniti la spuntano in quel di Paternò portando a casa un punto importantissimo (come poi tutti, avendo il campionato così corto).

Una battaglia di nervi sotto un sole che fa salire la colonnina di mercurio alla tremenda trentacinquesima tacchetta. Una temperatura pari a quella registrata a Milano ma che ha visto, a differenza nostra, dei ragazzi in casacca e non all’ombra di qualche parco cittadino.

Ne perdono una (lanciatore italiano) e ne vincono un’altra dopo una battaglia di quattro ore. E adesso la squadra di Alvarez si trova di diritto nel gruppo delle mediane in classifica. Una classifica un po’ strana, ancora con partite da recuperare e che vede in pratica nessuna squadra impegnata nella fuga.

Unica, proprio la formazione di Paternò che però lascia sul campo una vittoria quantomeno sperata. Lo United la blocca dopo una cavalcata di dieci vittorie consecutive. Un’impresa che non ha prezzo.

I Milanesi Riuniti spiazzano, secondo me, ancora una volta chi tenta, in maniere affrettata, di cristallizzarli in qualche categoria: delusi chi si aspettava molto, delusi chi si aspettava poco, delusi chi si aspettava addirittura un fallimento.

Lo United sembra sgattaiolare attraverso i giudizi e portare a casa risultati importanti. Nonostante la poca presenza di giovini nostrani è un team che ha classe ed estro. Oggi sono così. Nel domani IBL non ci sarà certezza. Gustiamoceli. Gustiamo questa bella spremuta.

Dall’altra parte del naviglio niente di nuovo sotto il sole piemontese: la Juve ’98 vince facile contro i meno quotati amici dell’Ares che nuovamente ritornano a casa con due sconfitte nella saccoccia. Ma se il team bianconero è comunque un avversario da sempre ostico (finalisti playoff l’altro anno) c’è da riportare l’incapacità cronica (con piccole eccezioni) di spuntarne almeno una su due da parte dei milanesi. Un peccato. Ma piano piano credo che la ciurma del Saini stia costruendo qualcosa. Ripeto, servono braccia. Rifare o costruire il monde attorno all’unico che funziona. Ricostruire attorno a Baldi. Un imperativo.

Per concludere registriamo il pareggio del “lato b” della franchigia milanese che, dopo una sfida tiratissima (conclusasi al decimo inning) con i bresciani, non riescono a portare a casa il risultato pieno. Comunque buon Rho a caccia di punti utili.

Dal canile cernuschese, o meglio, dalla trasferta vercellese cattive notizie: i Bulldogs vengono asfaltati dalla squadra di casa che addirittura chiude per “manifesta” con un vantaggio di dieci punti netti a zero. Un piccolo tracollo dopo i fuochi d'artificio contro il Sannazzaro (17 a 2). Genio e follia. Estremi in questo week di afa.



Svarione di una domenica di quasi estate


Foto tratta dal sito milanobaseball.it


Questa volta parliamo dell'Ares e della sua partita contro i vecchi stracci di Lodi. Una partita sudata anche per il poco pubblico visto che per raggiungere il Saini, a causa del Giro d'Italia, i tempi di percorrenza tra qualsiasi punto della città e il centro sportivo erano moltiplicati per due se non per tre.

Davanti al pubblico di casa i rossoblu perdono la prima malamente (almeno da quanto si vocifera sugli afosi tre gradoni degli spalti) e invece inbroccano la seconda con cotanto di manifesta ai danni di un Lodi che si arrende già intorno al quarto inning.

Certo, c'è da dire che l'Ares è tutto Baldi: c'è lui? Le cose allora vanno (grande prova, nonostante l'area dello strike dell'arbitro non fosse ben chiara ai presenti), e il timore percorre la spina dorsale di tutti quando inizia a cedere. Interni abbastanza bene (terza base un po' l'anello debole). Ottimo l'innesto del nuovo interbase. Ottime anche le prestazioni del comparto "outfield".

Cosa dire? Se solo i ragazzi del Saini riuscissero a mettere le mani su altri due pitchers "full-time" d'esperienza (Piazzi è comunque "part-time") e a sviluppare in poco tempo (un annetto?) le giovani leve, si potrebbe sperare nella rinascita reale dell'Ares.

Dall'altra parte del naviglio le cose invece non sono andate così bene come si pensava. Non essendo stato alla partita, riporto fedelmente ciò che il sito del Milano ha pubblicato.

Lo United alza bandiera bianca in una domenica nera. Due sconfitte senza attenuanti contro il Piacenza (7-1 e 6-0) che – è vero – è lanciatissimo al secondo posto in classifica, ma sulla carta non era certo venuto a Senago come avversario impossibile da affrontare. Purtroppo però lo United non si è visto, poteva chiedere una domenica di “neutralizzazione” come hanno fatto i ciclisti del Giro d’Italia, ed evitare uno spettacolo da encefalogramma piatto. Ma così non è stato e al Carlo Tosi sono andate in scena due partite a senso unico, in cui i milanesi hanno pasticciato parecchio e hanno lasciato scappare tranquillamente il Piacenza senza opporre la minima resistenza.
Il Piacenza, va detto, ha dato l’impressione di squadra compatta e ben organizzata; ha giocato due partite perfette, non ha mai sprecato gli uomini messi in base e ha sfoderato anche qualche giocata difensiva di ottimo livello, mettendo in vetrina soprattutto un Jowers decisamente da nazionale (un fuoricampo per partita, un triplo sul muro e una splendida presa in tuffo nel primo incontro).
Per contro lo United, privo oltre tutto di Chiesa, impegnato all’estero motivi di lavoro, non è andato oltre le 5 valide per partita che hanno fruttato la miseria di un punticino, segnato nell’ultimo attacco della prima sfida, quando ormai le squadre erano negli spogliatoi da un pezzo.
Inutile dilungarsi dunque sulla cronaca delle partite, anche perché non c’è mai stato contraddittorio: nel primo incontro il Piacenza sfruttava anche l’immancabile errore della difesa milanese (anche ieri 5 in tutto, e su questo fronte Castro dovrà lavorare molto se vuole cambiare registro alla squadra) per prendere il largo, nonostante il buon ritorno sul monte di Andrea Sala, scelto come partente un po’ a sorpresa dopo oltre un mese di stop per infortunio.
Nella seconda sfida nemmeno l’ex piacentino Bonfanti riusciva ad arginare gli emiliani: al 3° inning si era già sul 4-0 grazie anche all’homer da 3 punti di Jowers e di fronte ai lanci di Acosta lo United spariva velocemente dalla circolazione.
Si sapeva che questi due turni di campionato (Piacenza adesso e Paternò nel prossimo weekend) sarebbero stati in salita. Ma francamente ci si aspettava una resa meno incondizionata. Adesso serve una settimana di riflessione (e di ripasso sugli errori) per ricaricare le batterie in vista della trasferta siciliana. Sperando che sia stata solo una domenica no.


Piacenza squadra ostica. Seconda in classifica. Non capisco sinceramente tutte queste speranze infrante. Massimo pensavo in un altro pareggio. La sorte ha voluto che vincessero i migliori. Giriamo pagina e apprestiamoci a veleggiare verso il vascello siculo, perchè il Paternò è pronto all'arembaggio. E anche lì ci sarà da sudare non poco.

In coda citiamo il successo, questa volta doppio, della serie B targata United ai danni del Porta Mortara e il devastante (17 a 2) successo (primo della stagione) dei nostri Bulldogs contro i ragazzi del Sannazzaro.

In poche parole soffre solo la punta di diamante. Perchè il resto della piramide vince e gode (più o meno) del momento. Occhio a tutti però di non perdere di vista la rotta. Il campionato è ancora lungo, sia per chi ha vinto, sia per chi ha perso.



Due milanesi, un condor e il baseball


I due conduttori di Condor


Dal silenzio a qualche parolina sembra che passi l'oceano.
Il baseball gira poco o nulla sui canali d'informazione nazionale. Non si vedono TG che tra un cane perso o la crociata contro i marziani raccontino cosa stia succedendo nel "batti e corri" italiano o internazionale.

C'è un però, c'è sempre un però e ha il retrogusto milanese: una coppia, un duo che quelle poche parole le spende per il nostro amato sport. Miracolo tutto meneghino!

Stiamo parlando del programma di Radio 2 chiamato Condor condotto dai bravi Luca Soffri e Matteo Bordone (nella foto) che tra una notizia strana dal mondo, una recensione di un film, una chiacchierata sul peggio e il meglio della televisione odierna qualche volta cadono sull'argomento "baseball e dintorni".

Uno yankee e l'altro bostoniano (non spellatemi vivo se non fosse così) e la capacità in un giro di cinque/dieci minuti di buttare un po' di luce sul movimento dal loro luminoso studio di corso Sempione.

E Corso Sempione significa Milano e quindi sono anche loro parte di "noi" (oltretutto che vicino alla Rai furono pure giocate le primissime partite del nostro campionato nazionale nel secolo scorso).

Chissà, magari un giorno troverò il modo per intervistarli e così capire di più cosa spinge due giornalisti di una radio nazionale a spendere due minuti per parlare alla penisola di uno sport minore e di nicchia.

Intanto ringraziamo. Contro il silenzio assordante. Gradito servizio.




Vincere e convincere



Andrea Sardo, ottimo sul monte di Bollate © Bizzini Francesco


Brutta missione: effettivamente noi tifosi non ci accontentiamo mai e vorremme sempre due vittorie sul piatto, magari con una bella insalata di fuoricampo e un contorno di "no hit".

Bene, questa volta non si può dire che lo United non abbia fornito spunti per la nostra felicità. Complice anche un Bollate in stato confusionale in Gara1 e qualche azione fortunosamente ripetuta (vedasi doppi giochi al sacchetto) ecco che una buona vittoria davanti a un folto pubblico si mette in saccoccia.

Certo, poi si perde in serale, ma come non poter rimanere estasiati dall'unica cosa che la stampa specializzata non ha notato? Quattordici "oriundi" in campo ma un solo italiano a brillare sul monte. Il nostro eroe Sardo compie il miracolo non lasciando passare praticamente una palla. Alla faccia di chi loda o nota solo l'accento spagnoleggiante. Sul monte dello United si parla milanese e la differenza si sente.

Dall'altro lato del baseball meneghino registriamo l'impegno dell'Ares che quantomeno questa settimana non soccombe sotto la grandinata manifesta lasciando agli avversari ben poco da festeggiare. Quantomeno il gusto d'aver lottato e di aver prodotto RBI's.

Il "lato B" dello United non ha giocato per problemi riguardanti l'arrivo dei sardi del Cagliari che non s'è capito per quale motivo non si siano presentati. Le indagini federali (che spettacolo di termine, come se ci fosse di mezzo l'F.B.I) appureranno se sia il caso di regalare ai ragazzi del Rho due punticini a tavolino oppure no. Staremo a vedere

Dal "canile cernuschese" le notizie invece non sono delle migliori. Da quel di Langhirano i nostri tornano a casa con una sonora sconfitta per 16 a 6 e buona notte ai suonatori. Si attende la prossima sfida per vedere la prima vittoria stagionale dei Bulldogs. Ci contiamo veramente.

Comunque una discreta settimana.
Duro lavoro quello di convincere, duro lavoro.




Professionismo futuribile



Foto © Rob Lee



Come giusto che sia quando si chiacchiera.
Il tema del professionismo in quel di Milano infatti viene percepito come niente più che un argomento per riempire i silenzi tra un inning e un altro.
E gli spalti meneghini hanno ragione.

È ufficialmente inutile parlare ora di professionismo: non si sa niente della futura Italian Baseball League, non si sa se effettivamente sarà quella cosa che tutti (o quasi) sperano, non si sa nemmeno se il tutto verrà foraggiato dalle tasche dello Zio Sam.

Insomma, niente si sa e per questo possiamo procedere solo per due vie: l’ipotesi e l’opinione personale.

L’argomento è comunque allettante e ha trovato attenzione nei discorsi ultimamente fatti con diversi “interni” della scena meneghina del baseball (tutti comunque “esterni” alle alte sfere societarie, per intenderci).

Milano e il futuro professionismo: non si sa cosa sperare. Pensare che l’unanimità del “sottobosco baseballistico” stia facendo i salti di gioia al pensiero è assolutamente sbagliato. C’è chi vede questa possibile opportunità come tale e c’è chi quantomeno rimane indifferente o scettico al pensiero. E se siamo onesti con noi stessi queste due istanze le possiamo comprendere e ritrovare nel fondo del nostro cuore d’appassionati. I motivi sono molteplici e anche ampiamente scusabili: la novità, oltre che attirare, spaventa e non tutti possiedono (grazie al cielo) lo spirito imprenditoriale del buttarsi a capofitto in un’avventura dai contorni chiaramente poco chiari. Ma il nocciolo del problema potrebbe anche essere più profondo, più personale.

Mammamia arrivano Li Turchi: in questo decennio siamo stati abituati a vedere sui diamanti milanesi ciò che il duro lavoro del sudore ci permetteva di raccogliere attraverso vivai più o meno curati. Con fatica (viste anche le “serie” nelle quali si giocava) si andava a far la spesa nelle immediate vicinanze e qualche volta, ma solo per piccoli innesti strutturali, si andava fuori dal territorio nazionale in cerca dell’oriundo dal guantone magico. Ora ammesso ma non concesso che Milano entrasse in IBL, che spazio verrà dato al “parco autoctono” contando che ben pochi suoi rappresentanti potrebbero reggere la sfida professionistica? Dove finirebbero i giocatori che accendono i nostri pomeriggi, coloro che ci fanno esultare per una valida ben piazzata o un doppio gioco cristallino? Perché a Milano da tempo si gioca con il cuore volto alla passione e quasi mai ai soldi, pezzi di carta che da immemore tempo hanno smesso di contare da queste parti.

Soldi e lo stimolo: forse però non tutto è così male se mai il dollaro arrivasse a Milano. Riflettendo su cosa un tempo ha fatto si che questa città partorisse campioni di calibro nazionale ho pensato che fosse plausibile anche metterci dentro il fattore “stimolo”. Sì perché se inizi uno sport non solo lo fai per divertimento, ma anche per legittime aspettative. E secondo me in questi anni di purgatorio i giovani ragazzi hanno visto solo la possibilità di fare bene nel piccolo orticello di casa propria e poi basta (una sorta di pratica senza sbocchi). Da quant’è che non c’è una maglia azzurra tra i giocatori milanesi di massima serie? Da quant’è che un ragazzino non può sognare, se non di viverci, di diventare semi professionista con il gioco del baseball? E allora ben vengano i dollaroni (si sperano tanti e continui) che accendano la voglia di grandezza di un movimento oramai cronicamente rattrappito tra una retrocessione e una salvezza all’ultima giornata

Professionismo, sì ma a che livello? Quello che dirò a molti potrebbe sembrare strano e quasi a tratti insostenibile. Il tutto nasce dalla visione del prodotto IBL. Non so dove avevo letto che il livello del nostro campionato di punta sia assimilabile a un “doppio A” statunitense. Ecco, proprio per questo il mio cuore si spezza a metà tra ciò che non si potrà mai avere (campionato di livello MLB) e ciò che si perderà (un campionato di ragazzi che nella più totale gratuità danno il meglio che possono). In poche parole mi chiedo se sia preferibile un AA fatto di sconosciuti esterni alla realtà milanese piuttosto che la lotta per la sopravvivenza dei nostri. Infondo non siamo più negli ’80. Il baseball professionistico MLB passa alle masse di tutto il mondo tramite TV e internet e rende (soprattutto per chi come me se lo guarda giornalmente) l’AA della IBL (a parer mio) insoddisfacente. E davanti a una partita IBL o una partita dei giovani “autoctoni” e sgaruppati della mia Milano, mi dispiace, preferisco la seconda opzione. Perché se volessi vedere del professionismo con i fiocchi, aprirei MLB.TV.

Non so, questo è l’abbozzo del mio pensiero. Ripeto (a discapito d’immensi equivoci) che non pretendo di dire ciò che in assoluto è buono e ciò che in assoluto è cattivo. Anche perché in questo caso, futuro alla mano, ben pochi sanno cosa ci aspetterà.

Il futuro, infondo, è ancora da scrivere.




Bulldogs, onore alle armi




Non chiedetemi perchè io segua (tra le varie formazioni presenti in provincia) proprio i ragazzi di Cernusco: sarà perchè mi sono sempre stati simpatici chiacchierandoci più di una volta, sarà perchè secondo me hanno la divisa più bella di tutta Milano e provincia (viva la smanicatura), sarà perchè il loro campo è luogo di incontro per molti curiosi e appassionati.

Insomma, sarà quel che sarà, ma eccomi sulle panchine a gustarmi una partita domenicale di serie C. E posso dire che tutti i pregiudizi estremi legati alla caratura del baseball proposto sono svaniti in un giro di pochi inning (leggasi quasi nulla differenza tra certe partite di serie B e quelle della sottovalutata C).






Un pomeriggio passato nel nome del relax insieme ad un pubblico simpatico. Su tutti il prima base dell United Simone Bacio (Cernusco's own) e la famiglia Sardo quasi al completo (mancava Andrea) per una giornata di chiacchierate, baseball e risate.

Ma torniamo alla partita: i Cernusco Bulldogs se la sono vista con il Piacenza e possiamo affermare che, nonostante ancora molte cose d'affinare, i ragazzi possono dire d'essere usciti a testa alta dalla sfida con un avversario competitivo.



Il monte dei Bulldogs ha retto molto bene nella "parteza" e discretamente nella chiusura. Qualche errore è stato compiuto nel comparto esterni e nelle scelte difensive (1 out, prima e seconda cariche, palla al pitcher, eliminazione forzata solo in terza quando il doppio gioco era servito), ma per il resto il gruppo di Cernusco ha fatto vedere del buon baseball.

Menzione speciale per l'interbase (cubano) dei nostri che ha dimostrato d'avere proprio un bel braccio e una potenza di gambe niente male, per non parlare di un tifo famigliare da curva ultrà.

Comunque bene.
Anche i Bulldogs, nonostante la sconfitta (agli extra innings) ci sono.







Foto © Francesco Bizzini/Milanostrikeout






I pareggi che fanno sperare







Arrivati i risultati, ovviamente pareggi.
Ma c'è della novità (o almeno si spera). Il Senago-Milano United scende su di un campo ostico e strappa una vittoria al quotato Collecchio. Questa volta il .500 non ci dovrebbe inquietare visto le vicende nelle quali è maturato.

E non parlo d'infortuni (un team dovrebbe sempre avere "l'opzione B" pronta), ma parlo del risultato in sè: battuti di un solo punto all'undicesimo inning. Insomma, questa è solo sfortuna (e anche bella grossa) e nulla è imputabile ai ragazzi milanesi che hanno evidentemente dato il meglio di sè tenendo la testa sul gioco fino alla fine.

Chi invece la testa la perde subito con un colpo netto sono proprio i dirimpettai cittadini dell'Ares che vengono sconfitti per l'ennesima volta per manifesta all'ottavo inning con un sonoro 14 a 4.

Ma anche qua il fato gioca uno scherzo (oppure qualcuno ha dato una strigliata ai ragazzi rossoblu) ed ecco che in GARA DUE i milanesi ridanno "la manifesta" al Crocetta con un altrettanto sonoro 3 a 14. Un punticino in più che sa di tocco finale in stile oliva dentro l'aperitivo.

Una boccata d'ossigeno che non può che tirare su gli animi. Nota di colore anche da quel di Rho United che vince due partite di fila con i vecchi stracci del Lodi.

Ora si aspetta il risultato dei debuttanti Cernusco Bulldogs per mettere la firma sopra un week-end (finalmente) positivo.

Evvai.






Il lifting Kennedyano


Il plastico del "nuovo" Kennedy


Quello che era, quello che è e quello che sarà.

Partiamo dicendo che non ho la più pallida se mai le abili mani dei lavoratori impegnati nel rifacimento del campo J. F. Kennedy riusciranno a concludere il tutto per l’avvento del Mondiale. Cinque mesi erano secondo me troppo pochi e i lavori molti e molto costosi. Soldi arrivati (chiaramente mai quelli che si sperano) e tanta buona volontà non possono sopperire in breve tempo all’incuria che per lungo tempo s’è abbattuta sul campo da baseball più famoso di Milano.

Abbiamo usato la macchina fotografica apposta non per denunciare ritardi ma per raccontare che comunque fa piacere vedere che ci sia interesse nel vedere ancora il campo di via Olivieri ritornare alla vita. E vi assicuro che la volontà c’è.




Come potete notare dalle foto sono state scavate trincee per l’irrigazione (o almeno credo) e il diamante è in via di lento e minuzioso rifacimento. A lato giace la prima montagna di terra rossa.

Tubi e tubetti dell’irrigazione spuntano un po’ ovunque e il colpo d’occhio dalle tribune del tennis è simile alle foto di quel Kennedy in costruzione nell’oramai lontano 1963.

Le uniche cose che ancora non sono state toccate sono le tribune. Nel plastico generale appare una struttura di copertura che effettivamente darebbe sollievo agli spettatori abituati da decenni a scovare l’ombra a riparo della cabina di commento e attenti a fuggire alle prime avvisaglie di temporale.



Se il tutto dovesse concretizzarsi sarebbe bellissimo. Ovviamente credo sia scontato non aspettarsi tanto per i Mondiali, nel senso che il tempo tiranno potrà solo permettere di gestire le cose principali per tentare di portare l’importante data in quel di Milano.

Se però (a costo d’essere controcorrente) questo non dovesse succedere e si dovesse avanzare piano piano, anno per anno, la Milano del baseball comunque ringrazierebbe.




Perché, effettivamente, tra niente e qualcosa è sempre meglio “qualcosa”.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

"I Milanesi Riuniti spiazzano, secondo me, ancora una volta chi tenta, in maniere affrettata, di cristallizzarli in qualche categoria: delusi chi si aspettava molto, delusi chi si aspettava poco, delusi chi si aspettava addirittura un fallimento."

Eccellente osservazione, assolutamente condivisa.

Francesco ha detto...

Grazie mille e grazie d'aver lasciato un commento!

Francesco

Anonimo ha detto...

Mazzotti era al Saini a osservare il ricevitore cubano-spagnolo del Lodi. Penso più in veste di CT della Spagna che in veste di allenatore del Rimini. Ma di sicuro non era lì a "divertirsi"... Ma non lo dico con astio, perchè hai chiesto dove fossero gli altri. Io gli Ares (quando abitavo -molto- più vicino al Saini) andavo anche a vederli. Però, e di questo non se ne abbia a male nessuno degli Ares, è anche vero che gli Ares stessi non è che abbiano mai offerto uno spettacolo tale da essere così appetibili (in un panorama già sufficientemente scarso di suo)...

Francesco ha detto...

Ma la questione era forse più legata a tutta quella gente che nei decenni si è avvicinata al baseball meneghino: dove sono finiti?

Ora che mia hai dato una probabile (e sensata) risposta al perchè Mazzotti era al Saini vorrei andare oltre.

Perchè anche la Milano che ha giocato a baseball "abbandona" il baseball?

Non mi riferisco a voi che alla fine siete protagonisti dello spettacolo. Mi chiedo gli spettatori dove siano.

Perchè se nemmeno i centinaia di "ex" non trovano bello ritornare a sentire l'odore della terra rossa, figuriamoci quelli che si avvicineranno "casualmente" al probabile "futuro professionista" della IBL-MLB.

Ripeto, la mia non vuole nemmeno essere una predica: io stesso, dall'inizio del campionato, ho visto lo United una volta in casa.

Ognuno di noi ha impegni, una famiglia, fidanzate etc etc etc...

Ma la domanda sul perchè nessuno viene alle partite a Milano è importante....anche senza l'esempio di Mazzotti.

Grazie comunque per l'informazione!

Francesco