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martedì 1 settembre 2009

Varie ed eventuali - settembre


Il senso dell'amatoriale



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Sembrerà una mania la mia, ma vi assicuro che non è così.
Avvicinandomi piano piano alla realtà "amatoriale" del softball regionale ho potuto sviluppare delle osservazioni che vorrei condividere.

Prima di tutto sul senso del termine "amatoriale": secondo logica dovrebbe essere ilcontrario di "agonistico", cioè dove, detto per riassumere, la competività, il vincere a tutti i costi, lasci il posto alla "partecipazione prima di tutto" per il solo piacere di partecipare spendendo ore insieme ad altri "amatori" della disciplina.

E'oramai ovvio, o almeno per quel poco che ho visto, che le cose stanno ben differentemente.
Tutto risiede "negli inquilini del piano superiore", cioè il campionato agonistico.

In questo campionato, per motivazioni legate al regolamento federale, non possono iscriversi più di un tot di non italiani (stranieri, che brutta parola) e così a quest'ultimi non resta che riversarsi (in massa) sul reparto "amatoriale".

Solo che questi centroamericani non sono mica gli ultimi arrivati: provengono da nazioni dove il baseball e sport nazionale, hanno un livello tecnico molto alto e una propensione al baseball/softball assolutamente innata e abbastanza competitiva.

Questo va a creare, secondo me, una realtà "amatoriale" del tutto fuori fase. Dove le squadre dovrebbero riempirsi di giocatori sì, ma sul viale del tramonto, genitori, sportivi fuori forma, curiosi, simpatizzanti, invece si vedono arrivare addosso vere e proprie corazzate di giocatori con i controfiocchi che, incontrando gli esempi sopra elencati, li castigano a suon di fuoricampo e manifeste.

Adesso, capiamoci, se uno lo fa per divertirsi, ci si diverte anche ad essere massacrati, basta che le note siano quelle della sinfonia scelta, cioè il softball.

Certo che però, sempre per chi crede che perdere non sia sempre bello, questo poi potrebbe portare le altre squadre "normali" a volersi dotare, proprio per evitare d'essere spazzate vie costantemente, anch'esse di assi centro-sudamericani o di giocatrici fuoriuscite fresche fresche dall'attività agonistica nel campionato nazionale femminile di softball (altri elementi preparati e di certo non "amatoriali").

E allora ecco che l'atleta non più in forma, il curioso che vuole provare, l'appassionato in là con gli anni si sente, in questo caso sì, straniero in terra straniera.

Una soluzione purtroppo non c'è. O meglio ci sarebbe, forse. Creare un campionato AGONISTICO regionale aperto anche a chi non è italiano, in modo da dare serietà e competizione a chi merita veramente questi due elementi.

E il resto lasciarlo agli amatori.
Quelli fuori forma, quelli non bravi, quelli che vogliono solo divertirsi.
Quelli che l'importante è veramente solo partecipare.

Partecipare sì....se ti fanno vedere la palla.





La cipria oriunda






Premessa: non amo fare discorsi discriminatori, nè mi sognerei mai di imbarcarmi in questioni politiche che ultimamente vanno per la maggiore sui media nazionali.

Parlando con diverse persone appassionate di baseball italiano però la questione sembre essere la solita. In pochi capiscono il senso d'infarcire il nostro già umile sport di acquisti stranieri a discapito di una politica di sviluppo dei nostri vivai.

Si contesterebbe che il livello tecnico s'abbasserebbe oltremodo. Ma a questo si potrebbe ben rispondere con una vistosa alzata di spalle in quanto, secondo me, non c'è peggior cosa di volere essere ciò che non si è.

Se le squadre delle serie minori accettassero la realtà (tanto non si va comunque da nessuna parte, anche se si raggiunge la serie massima) e per prime abbandonassero la politica di infarcimento delle proprie linee con giocatori non italiani (o comunque non residenti sul territorio) forse qualcosa cambierebbe.

Se Milano ha da dare 3 con i propri vivai....dia 3...se Piacenza può dare 6, dia 6. E intanto ognuno lavori per migliorare la situazione. Non so se ci siamo capiti.

Sennò la soluzione è sempre la solita: soldi su soldi (non sempre garanzia di successo) per incipriarsi un naso che nessuno comunque vuole vedere (quanta gente viene a vedere le partite di baseball in Italia?) strozzando vivai che invece, anche se meno funambolici (ma questo è tutto da vedere) porterebbero il baseball nazionale a fare i conti con le proprie forze e i propri limiti.

L'oriundo crea una coscienza, secondo me, distorta quando ora come mai servirebbe invece guardare in faccia la nuda e cruda realtà.

Con permesso.

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